EcoFoodFertility, il nuovo modello di valutazione dell'impatto ambientale sulla salute umana

Non disperderai il seme

Il liquido seminale usato come “sentinella” dei rischi per la salute nelle aree più inquinate, a partire dalla Terra dei Fuochi. Ecco i risultati dell’innovativo progetto EcoFoodFertility

Negli ultimi anni appare sempre più evidente il ruolo dei fattori ambientali nell’influenzare lo stato di salute della popolazione, tanto che gli inquinanti chimici e fisici oggi vengono considerati come la più importante minaccia per la salute pubblica, i cui effetti, anche transgenerazionali, cominciano a essere documentati dalla letteratura scientifica. Studi epidemiologici e tossicologici su modelli animali sembrano indicare nella fertilità la sfera della salute più sensibile agli inquinanti ambientali. D’altronde dal 1939 al 2017 il numero di spermatozoi medi nei Paesi occidentali è crollato a ritmi estremamente preoccupanti, da 116 Mil/ml a 47 Mil/ml; e non sembra andar meglio in Africa centrale, Cina, India, Brasile, dove il declino dal 2000 al 2015 sembra ancor più vertiginoso in relazione al massiccio sfruttamento delle risorse territoriali, tanto che diversi ricercatori indicano proprio nel calo della qualità seminale lo specchio più fedele e meglio misurabile delle conseguenze che le attività umane stanno da tempo avendo sul pianeta. Tuttavia, anche se l’inquinamento è diffuso, ci sono aree all’interno dello stesso Paese e anche della stessa regione che presentano zone in cui le criticità ambientali si accompagnano a maggiore incidenza di patologie cronico-degenerative e disturbi riproduttivi. Lo studio SENTIERI (studio epidemiologico dei residenti nei 45 siti contaminati a priorità nazionale/regionale per le bonifiche, aree Sin/Sir) dell’Istituto Superiore di Sanità è stato il primo a tracciare, in più rapporti, un bilancio sulla valutazione dei livelli di rischio (mortalità e morbilità) nelle comunità che vivono vicino a siti inquinati, riconoscendo che l’esposizione ad agenti ambientali svolge un ruolo importante sulla salute pubblica.

Nel 2017 su Lancet Oncology lo IARC aveva posto l’accento sull’aumento di incidenza delle patologie tumorali nella prima infanzia nei Paesi occidentali, e in particolare in Italia, che detiene la maglia nera in Europa [DOI: https://doi.org/10.101/S1470-2045(17)30186-9]. Questo aumento di patologie oncologiche infantili, essendo ovviamente breve il tempo di esposizione ad agenti inquinanti, pare spiegarsi con alterazioni epigenetiche indotte nel periodo embrio-fetale e quindi nell’alterazione del fetal programming, e/o con alterazioni epigenetiche trasmesse già dai gameti nel preconcepimento. E in particolare il gamete maschile, per la maggiore suscettibilità agli stress endogeni ed esogeni, potrebbe avere un ruolo preminente rispetto a quello femminile nel determinare lo stato di salute della progenie (DOI: 10.4103/2096-2924.216862).


Il seme sentinella della salute ambientale e generale

La sensibilità del seme alle noxae ambientali, insieme a recentissimi studi che mostrano una relazione fra infertilità maschile, patologie croniche, comorbilità e addirittura mortalità, indica una sua utilità come marker ottimale di esposizione ambientale e importante indicatore di salute generale (DOI: 10.5772/intechopen.73231). Bisogna anche dire che la raccolta di dati sui tumori (Registro Tumori) e altre malattie croniche con lunga latenza rappresentano informazioni indicative, ma poco efficaci per poter avviare un contenimento dei rischi per la generazione attuale e quelle future. La necessità di considerare la dimensione “temporale” nella valutazione/gestione dei rischi sanitari nelle aree a maggiore pressione ambientale, con una forte attenzione al futuro delle comunità, appare pertanto estremamente importante sia dal punto di vista etico che scientifico.
Ed è di fondamentale importanza dedicare uno sforzo in più verso la prevenzione o la riduzione degli impatti sulla salute delle popolazioni che vivono nelle aree a maggior rischio ambientale, per dare priorità a misure di prevenzione e/o mitigazione del danno identificando i segni precoci di modificazionefunzionale o strutturale prima che si manifesti il danno clinico, valutando soprattutto quei sistemi organo-funzionali “sentinella” che appaiono essere più sensibili alle modificazioni endogene ed esogene, ossia quelli che prima di altri subiscono gli effetti. In tale ottica, vista la particolare vulnerabilità dell’apparato riproduttivo alle “interferenze” provenienti dall’ambiente – soprattutto in alcuni periodi critici e sensibili dello sviluppo biologico, come lo sviluppo intrauterino, l’infanzia e l’adolescenza, dove l’elevato tasso di proliferazione cellulare e i cambiamenti dei sistemi metabolico, ormonale e immunologico rappresentano delle vere e proprie “finestre” espositive – difendere la fertilità significa non solo promuovere la salute riproduttiva, ma fare prevenzione primaria per patologie cronico - degenerative nelle presenti e future generazioni, tenendo conto per queste ultime degli effetti transgenerazionali indotti dalle sostanze inquinanti trasmissibili per via epigenetica attraverso la linea germinale, in particolare maschile. Pertanto, per ridurre le disuguaglianze in termini di salute da fattori di nocivicità ambientale, bisognerebbe partire proprio dalle aree dove maggiore è la pressione ambientale, con programmi innovativi di prevenzione primaria e sorveglianza sanitaria, considerando sistemi organo-funzionali estremamente precoci e sensibili alle noxae ambientali come l’apparato riproduttivo, “organo sentinella” che risulta utile valutare al fine di una salvaguardia attiva della salute pubblica.


Il Progetto EcoFoodFertility


Su tali premesse e analisi è nato il progetto di ricerca EcoFoodFertility (www.ecofoodfertility.it), studio di biomonitoraggio umano integrato partito proprio dalla cosiddetta Terra dei Fuochi e oggi esteso in diverse aree ambientali critiche non solo d’Italia. Il progetto multidisciplinare abbraccia aspetti, oltre che medico-scientifici, anche agroalimentari, nell’ottica della One Health, tanto che intorno ad esso si è costituita un’importante rete di ricercatori di diverse università e centri di ricerca di varia estrazione culturale e scientifica, la quale ha dato vita alla RISAR - Rete Interdisciplinare per la Salute Ambientale e Riproduttiva (www.ecofoodfertility.it/rete-nazionale/ricercatori).
Questa rete, in ottica One Health e di system biology, sta proponendo i biomarcatori riproduttivi, in particolare il seme umano, come strumento utile per valutare in maniera precoce e anche con potenzialità predittiva gli effetti nel medio e lungo termine degli stress chimici e fisici sulla salute, considerando altresì che monitorare le sue modificazioni soprattutto qualitative permette di valutare l’efficacia di interventi sia a livello individuale (modifiche di stili di vita), che territoriale (risanamento,bonifiche di aree ecc.), essendo i parametri seminali estremamente sensibili alle modificazioni ambientali. Il progetto di ricerca EcoFoodFertility individua infatti nel suo primo step proprio il liquido seminale, che nel confronto con altri fluidi (ad esempio sangue e urine) sembra fornire informazioni più accurate sul potenziale “rischio salute” presente e futuro a livello di popolazione.
Individuare i primi segni di danno ambientale sulla salute “scrutando” nei cosiddetti Sos (Sistemi Organo Sentinella), come appare essere l’apparato riproduttivo, i biomarcatori seminali, può rappresentare un cambio di prospettiva nello studio della valutazione del rischio salute, applicabile sia a livello di popolazione per fattori di nocivicità ambientale residenziale, che a categorie professionalmente esposte. Si passerebbe, in sintesi, a osservare non più la punta dell’iceberg, ossia l’esito di un danno già consumato (patologie cronico-degenerative, come i tumori), ma la base, le patologie di fondo cosiddette minori come le tireopatie, le disfunzioni riproduttive maschili e femminili le quali indicherebbero uno stato di pressione iniziale che può sfociare nel tempo in patologie  maggiori, su cui è possibile intervenire.
Il “modello seminale” per valutare l’impatto ambientale potrebbe essere pertanto integrato agli attuali sistemi di valutazione e rappresentare un’ulteriore occasione di collaborazione fra le diverse discipline che concorrono a dare maggiori informazioni,
per ottenere dati più accurati in relazione al rapporto ambiente/salute. Il Progetto Eco-FoodFertility, avendo un obiettivo di prevenzione primaria e preprimaria per ridurre il carico delle malattie non solo riproduttive sulle popolazioni più esposte, valuta:
a) i primi segni di danno da inquinamento ambientale sulla salute umana, indagando in coorti omogenee per stili di vita di maschi giovani sani, residenti in aree a diversa pressione ambientale un’ampia gamma di esami (contaminanti, biomarcatori ossidativi, immunologici, genetici, epigenetici, proteomici, lipidomici, metabolomici ecc.) condotti oltre che sulle classiche matrici biologiche sul liquido seminale, dove gli spermatozoi sembrano risultare, dalle indagini di confronto effettuate, prime sentinelle dell’inquinamento ambientale, ovvero indicatori precoci, affidabili e anche potenzialmente predittivi di impatti futuri sulla salute umana;
b) misure di contenimento e/o di modulazione degli effetti dell’inquinamento ambientale sull’uomo (in attesa dei tempi lunghi del risanamento dei territori, vera opera di prevenzione), attraverso modifiche degli stili di vita individuali, alimentari (dieta mediterranea con prodotti biologici e biodinamici), e in talune condizioni di somministrazione di sostanze nutraceutico/funzionali ad alto potere detossificante.


Primo biomonitoraggio


In uno studio di biomonitoraggio umano realizzato nel 2015 in Campania (il primo mai effettuato su due coorti omogenee e sane di popolazione a differente pressione ambientale, Terra dei Fuochi vs. Alto e Medio Sele) furono riscontrate differenze significative, con più metalli pesanti nel sangue e soprattutto nel seme, alterazioni dell’equilibrio delle difese antiossidanti e detossificanti nel liquido seminale e non nel sangue, e altri danni a carico del patrimonio genetico spermatico (DOI: 10.1016/j.reprotox.2016.07.018). Questo primo studio ha poi dato spunto e basi anche a progetti su scala regionale, come SPES dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno.
Da allora in questi anni diversi altri studi sono stati effettuati e pubblicati non solo fra le due aree campane, ma anche in altre aree d’Italia (www.ecofoodfertility.it/chisiamo/pubblicazioni-scientifiche) come Brescia, Frosinone, Modena, Taranto e anche in Spagna. Si sono avviati contatti per futuri campionamenti anche nelle aree inquinate siciliane (Priolo, Milazzo), in Veneto (area di Vicenza sulla questione Pfoas) e Toscana. In Europa, oltre che quelli già effettuati in Spagna, altri campionamenti sono in programma in Grecia, Croazia, Polonia.
Nell’ambito di tale progetto lo studio FASt, finanziato dal Ministero della Salute, rappresenta il primo trial clinico randomizzatomai effettuato in merito agli effetti della dieta mediterranea e dell’attività fisica sulla fertilità condotto su giovani sani (18-22 anni) residenti in aree ad alto impatto ambientale (Brescia-Caffaro, Valle del Sacco nel Frusinate e Area Nord di Napoli).
I risultati hanno rilevato differenze di contaminazione umana fra le aree e alti rischi riproduttivi nei giovani, ma anche come il seme maschile consenta di monitorare in maniera non invasiva piani di prevenzione applicati a livello individuale (modifiche di stili di vita), suggerendo altresì l’efficacia della dieta mediterranea come modello d’intervento per la prevenzione dell’infertilità maschile (il gruppo di intervento ha avuto miglioramenti significativi dei parametri seminali) e di resilienza, grazie alla ricca presenza di prodotti vegetali con alto potere antiossidante e detossificante potenzialmente capaci di modulare e/o ridurre gli effetti degli inquinanti sulla salute.
Il progetto sta operando anche sul fronte femminile, con la pubblicazione recente di un promettente, nuovo indicatore di esposizione ambientale, che sta aprendo ulteriori scenari (DOI: 10.3390/ijerph18168833).

Fonte: Rivista Bio's (Ottobre/Novembre)