EcoFoodFertility, il nuovo modello di valutazione dell'impatto ambientale sulla salute umana

Seme Sentinella - da IoUomo Nov.2018

Un’ “Antenna Epidemiologica Andrologica” nelle aree a rischio ambientale d’Italia (SIN) a tutela della salute pubblica per le attuali e future generazioni

Il Piano Nazionale per la Fertilità del maggio 2015 “difendi la tua fertilità, prepara una culla nel tuo futuro” per la prima volta in Italia, inserisce la Fertilità al centro delle politiche sanitarie ed educative del nostro Paese, considerandola come bisogno essenziale non solo della coppia, ma dell’intera società.

 Un capitolo intero dello stesso è incentrato sui fattori ambientali che incidono in maniera importante sull’apparato riproduttivo e quindi sul tasso di fecondità. D’altronde, lo specchio più fedele di tale influenza “negativa”, è particolarmente evidente nell’andamento degli aspetti quali-quantitativi del liquido seminale, che negli ultimi 40 anni, nei paesi industrializzati ha subito un calo drammatico con riduzione della concentrazione spermatozoaria del 59.3%, contribuendo in maniera sostanziale alla riduzione delle nascite, sebbene il trend di infertilità non è geograficamente omogeneo, ma presenta delle differenze di aree nell’ambito della stessa nazione o addirittura della stessa regione. In verità, già un primo studio effettuato dal C

entro di Andrologia dell’Università di Pisa, su circa 10.000 uomini valutati nell’arco di 20 anni dal 1975 al 1995 (età media 29 anni), dimostrava una grande variabilità territoriale nazionale, legata a fattori ambientali, alimentari e di stile di vita. In Italia, le aree con il peggioramento più significativo risultarono essere quelle urbane metropolitane (Roma, Milano, Napoli e Palermo mostrano un peggioramento che variava dal 10 al 17%) rispetto a quelle dei centri rurali. Inquinamento da metalli pesanti, polveri sottili, inquinanti noti e ignoti, uniti allo stress della vita urbana, all’uso di alcool e droghe e alla riduzione drastica delle ore di sonno, peggiorano nettamente l’ambiente in cui gli spermatozoi maturano. Una migliore qualità di vita, meno stress, meno inquinamento, ritmi quotidiani più umani e alimentazione più territoriale nelle aree rurali ha un ruolo protettivo per la salute globale e la fertilità.

Sta di fatto che nelle aree dove maggiore è la pressione ambientale, vi è una maggiore incidenza di patologie cronico-degenerative come quelle oncologiche, malformazioni congenite a partire proprio da quelle uro-genitali, indici di salute complessiva più sfavorevoli e, in Italia, purtroppo, esistono diverse aree da Nord a Sud che presentano criticità ambientali dove, peraltro, vivono oltre 5.5 milioni di persone (fig.1 e 2).

Lo studio SENTIERI (studio epidemiologico dei residenti nei 45 siti contaminati a priorità nazionale/regionale per le bonifiche, SIN/SIR) dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato il primo che ha tracciato, in più rapporti, un bilancio sulla valutazione dei livelli di rischio (mortalità e morbilità) nelle comunità che vivono vicino a siti inquinati riconoscendo che l’esposizione ad agenti ambientali svolge un ruolo importante sulla salute pubblica. L’ultimo rapporto presentato il 12 giugno 2018 presso il Ministero della Salute ed in fase di pubblicazione ha rilevato un aumento del rischio di contrarre tumori maligni del 9% tra 0 e 24 anni e nei giovani tra 20 e 29 anni un eccesso del 50% di linfomi non-Ho dgkin e del 36% di tumori del testicolo ponendo una particolare preoccupazione anche per eccesso di ricoveri di bambini nel primo anno di vita. A tal proposito, nel 2017 già su Lancet Oncology, lo IARC ( International Agency for Research on Cancer) aveva posto l’accento sull’aumento di incidenza delle patologie tumorali nella prima infanzia nei paesi occidentali ed, in particolare, in Italia, che detiene la maglia nera in Europa.

Questo aumento di patologie oncologiche infantili essendo, ovviamente, breve il tempo di esposizione ad agenti inquinanti, pare spiegarsi con alterazioni epigenetiche ( successive alla fecondazione dello ovulo) indotte nel periodo embrio-fetale e, quindi, nell’alterazione della programmazione nell’alterazione della programmazione fetale (“fetal programming”) e/o con alterazioni epigenetiche trasmesse già dai gameti (spermatozoo od ovulo) nel preconcepimento ed, in particolare, il gamete maschile, per la maggiore suscettibilità agli stress endogeni ed esogeni (fig.3), potrebbe avere un ruolo preminente rispetto a quello femminile nel determinare lo stato di salute della progenie. Infatti, la sensibilità del seme agli agenti nocivi ambientali, insieme a recentissimi studi che mostrano una relazione fra infertilità maschile, patologie croniche, comorbilità e addirittura mortalità ne indicano una sua utilità come marker ottimale di esposizione ambientale e importante indicatore di salute generale. Bisogna anche dire che, la raccolta di dati sui tumori e altre malattie croniche con lunga latenza rappresentano informazioni indicative, ma poco efficaci per poter avviare un contenimento dei rischi per la generazione attuale e quelle future. La necessità di considerare la dimensione “temporale” nella valutazione /gestione dei rischi sanitari nelle aree a maggiore pressione ambientale con una forte attenzione al futuro delle comunità appare, pertanto, estremamente importante sia dal punto di vista etico che scientifico.

Ed è di fondamentale importanza dedicare uno sforzo in più verso la prevenzione o la riduzione degli impatti sulla salute delle popolazioni che vivono nelle aree a maggiore rischio ambientale per dare priorità a misure di prevenzione e/o mitigazione del danno identificando i segni precoci di modificazione funzionale o strutturale prima che si manifesti il danno clinico, valutando soprattutto quei sistemi organo-funzionali “sentinella”, che appaiono essere più sensibili alle modificazioni endogene ed esogene, ossia quelli che prima di altri subiscono gli effetti. In tale ottica, vista la particolare vulnerabilità dell’apparato riproduttivo alle “interferenze” provenienti dall’ambiente, soprattutto in alcuni periodi critici e sensibili dello sviluppo biologico come lo sviluppo intrauterino, l’infanzia e l’adolescenza, dove l’elevato tasso di proliferazione cellulare ed i cambiamenti dei sistemi metabolico, ormonale e immunologico rappresentano delle vere e proprie “finestre” espositive, difendere la Fertilità significa non solo promuovere la salute riproduttiva, ma fare prevenzione primaria per patologie cronico degenerative nell’adulto e, come si diceva prima in relazione agli effetti trans-generazionali indotti dalle sostanze inquinanti trasmissibili per via epigenetica attraverso la linea germinale, in particolare, maschile (gli spermatozoi sono più sensibili agli stress endogeni ed esogeni, perché dalla pubertà in poi a differenza degli ovociti presenti già alla nascita subiscono replicazioni continue con più possibilità di subire mutazioni, maggiore sensibilità agli stress ossidativi per ridotta presenza di enzimi antiossidanti a causa del minor spazio citoplasmatico e notevole presenza di acidi grassi polinsaturi di membrana, bersagli elettivi dei radicali liberi dellossigeno) vuol dire fare prevenzione anche per le generazioni future, riducendo la suscettibilità di queste ultime a patologie cronico-degenerative e neoplastiche nell’infanzia ed in età adulta.

Pertanto, per ridurre le disuguaglianze in termini di salute da fattori di nocivicità ambientale, bisognerebbe partire proprio dalle aree dove maggiore è la pressione ambientale con programmi innovativi di prevenzione primaria e sorveglianza sanitaria considerando sistemi organo- funzionali estremamente precoci e sensibili alle noxae (ovvero fattori in gradi di nuocere) ambientali, come l’apparato riproduttivo, “Organo Sentinella, che risulta utile valutare al fi ne di una salvaguardia attiva della salute pubblica. A tale proposito già alcuni studi pubblicati dal nostro gruppo di ricerca nell’ambito del progetto EcoFoodFertility (fig.4), uno studio di biomonitoraggio umano multicentrico, che, partito proprio dall’area della “Terra dei Fuochi”, oggi si sta estendendo nelle aree ambientali critiche non solo d’Italia, indicano nel seme una ottima chiave di lettura del rapporto ambiente salute, un biomarker estremamente sensibile all’esposizione ambientale. Infatti, in un confronto fra 222 maschi sani omogenei per età, indici di massa corporea e stili di vita equamente distribuiti fra l’area Nord della Provincia di Napoli e basso Casertano, nota come “Terra dei Fuochi” che rientra nel sito di interesse regionale (SIR) Litorale domizio-Flegreo (quello più popoloso con circa 2.5 milioni di abitanti e con la maggiore estensione territoriale fra tutti i SIN d’Italia) ed un’area a basso impatto ambientale nel salernitano Alto Medio Sele, riscontrammo differenze statisticamente significative con più metalli pesanti nel sangue e soprattutto nel seme, alterazioni dell’equilibrio delle difese antiossidanti e detossificanti nel liquido seminale e non nel sangue, ridotta motilità spermatica, aumentato danno al DNA degli spermatozoi e maggiore allungamento dei telomeri spermatici e non in quelli leucocitari (fi g. 5) nei residenti della Terra dei fuochi rispetto a quelli provenienti dall’area dell’Alto-Medio Sele.

Ancora, in uno studio retrospettivo pubblicato a marzo 2018 abbiamo confrontato 327 campioni di liquido seminale di maschi omogenei per età, provenienti dall’area SIN pugliese (lavoratori ILVA di Taranto e residenti di Taranto), area SIR campana (residenti in Terra dei Fuochi) e aree a più bassa pressione ambientale (Palermo, ed Alto medio Sele nel Salernitano) (fi g. 6), misurando i livelli di PM10, PM2.5, Benzene nelle diverse aree e verifi cando come il parametro seminale più sensibile ai tassi di inquinamento atmosferico risultava essere il DNA spermatico (tabella 1). Infatti, i livelli di frammentazione eseguiti con due tecniche (SCD e Tunel test) erano signifi cativamente maggiori di circa il 30% nei maschi provenienti da Taranto e Terra dei Fuochi rispetto a quelli di Palermo e dell’area salernitana.

Questi lavori pubblicati insieme ad altri che abbiamo recentemente presentato in consessi internazionali ed in fase di sottomissione per altre pubblicazioni, stanno confermando l’affidabilità del liquido seminale come marker sensibile e precoce di Salute Ambientale e, dunque, potente strumento di valutazione di impatto ambientale per la misura del rischio salute che non è solo di tipo riproduttivo, ma generale per le attuali e anche per le future generazioni in base alle recenti evidenze sugli effetti transgenerazionali (epigenetica/gametica). Ovviamente, individuare sensibili, precoci e potenzialmente predittivi indicatori di rischio salute potrebbe essere di immediata utilità per i policy makers al fi ne di orientare interventi di risanamento di aree che hanno criticità ambientali, dunque misure concrete di salvaguardia collettive che investono il territorio e la sua organizzazione sociale e produttiva, monitorando tali interventi attraverso la valutazione dell’indicatore seminale, oltre che programmi innovativi di prevenzione primaria partendo proprio dai biomarcatori riproduttivi per la salvaguardia della salute pubblica. Pertanto, per una maggiore efficacia preventiva nei confronti delle patologie cronico-degenerative, in particolare nelle aree a rischio ambientale, bisognerebbe oltre che rendere più rapidi gli aggiornamenti dei registri tumori, che comunque registrano un dato epidemiologico importante, ma di esito, ossia di fatto avvenuto, bisognerebbe identificare i segni precoci di modificazione funzionale o strutturale prima che si manifesti il danno clinico, monitorando i biomarcatori riproduttivi che danno informazioni più precoci e potenzialmente predittivi di danni futuri anche di salute generale. In definitiva, il mondo della riproduzione ed in particolare l’Andrologia in tale prospettiva può avere un ruolo fondamentale per costruire “l’antenna epidemiologica” precoce nei territori a rischio a servizio del nostro Paese che pur essendo il più bello al mondo sconta ancora troppo il peso della cattiva gestione dell’ambiente!

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